Il cortile di giò

lunedì 12 luglio 2010

La speranza di un anacoreta.

Deciso nel suo cammino si avviava come sempre verso un giorno stanco, dove tutto era niente e dove anche la fantasia non poteva farci nulla al cospetto di una tristezza assurda per gli anni che il suo corpo sopportava.
C´era bisogno di scrollarsi di dosso l´ansia di fare tutto e presto ma un giorno cosa poteva valere di fronte alla moltitudine di ore che un uomo trascorre nella sua intera esistenza.
L´indifferenza era la prima cosa che incontrava scendendo le scale. Il suo era un percorso individuale dove ogni altro non si può ritrovare, un cammino in cui si perde ogni cognizione del tempo e la gioia coincide con il non voler essere parte di niente.
L`impopolarità di lui attore di una storia senza fine in un mattino freddo dove anche la pioggia aveva paura scendendo, fece si che le sue dita si gonfiassero all´inverosimile.
Aveva conosciuto un essere vivente come lui: aveva due occhi, un naso, una bocca, due braccia, due gambe, pochi capelli ed anche due piedi grossi; era proprio un uomo come lui. Certo aveva le gambe più lunghe, il naso più corto ma ciò non faceva differenza. Quell´uomo camminava e vedeva proprio come lui ma essendo uguali, né lui né l´altro potevano aiutarsi perché ciò che poteva fare l´uno poteva farlo anche l´altro. Impossibile pensare a un dialogo laddove l`uomo è uguale ad un altro uomo. Cosa c´era da fare in quel mattino in cui la gente sembrava guardare lui e la sua stravaganza? Mentre camminava gli vennero in mente gli inverni degli anni addietro che erano più freddi, le ragazze che uscivano presto e si ritiravano presto la sera, l`odore di fritto del bar sottocasa, il suo piccolo loden…
Con la testa tra le mani cercava disperatamente di aggrapparsi al mondo che camminava ma come avrebbe voluto che rimanesse fermo: amava la staticità. Lo spaventava il fatto che un uomo dovesse stare in movimento in un luogo che non fosse a lui congeniale. La strada non era il suo ambiente ed il suo era un eremitaggio felice. Il pensiero di lui solo, senza nessuno accanto che gli facesse compagnia però lo rendeva paradossalmente inquieto ed ad a volte lo spingeva a cercare a tutti i costi persone che amassero come lui la pace. Anche se era difficile trovare chi fosse disposto a dedicarsi all´immobilismo non aveva abbandonato la speranza che un giorno qualcuno, bussando alla porta dicesse di essere pronto a sedersi con lui davanti al fuoco per giorni e giorni.

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